Coordinati dalle professoresse Federica Pegorin e Erica Patriarca
Sono 113 le donne che, in Italia, da gennaio a dicembre 2017, hanno perso la vita, uccise, nella quasi totalità dei casi da mariti, compagni o ex.
Due delle donne assassinate erano in procinto di diventare madri e i rispettivi feti, di cinque e sei mesi, sono morti insieme a loro.
C’è, però, un dato rincuorante, sebbene non sufficiente per poter definire la situazione meno grave, cioè che, rispetto ai due anni precedenti, gli omicidi sono calati del 7%.
Nel 2016 le donne uccise sono state 115; nel 2015 invece 120; 117 vittime nel 2014 e addirittura 138 nell’anno 2013 (dati riportati da Ansa).
Oltre alla morte, molte donne subiscono violenza fisica, sessuale, psicologica, economica e atteggiamenti persecutori (stalking).
Molto si sta facendo per permettere alle vittime di riprendersi il diritto a vivere con dignità, per combattere questo reato molto grave, per proteggere i figli coinvolti, affinché non sia compromesso il loro futuro.
Molto si sta facendo perché chi subisce o è a conoscenza di situazioni a rischio, possa intervenire tempestivamente, evitando l’irreparabile.
Molto si sta facendo per attivare percorsi di accoglienza e riabilitazione anche per gli uomini che usano la violenza nei rapporti con i propri familiari, con gli amici, con i compagni di scuola, con i deboli.
Il video realizzato dalla nostra classe, la terza C, vuole essere un invito a non mollare, perché è “Vietato morire”, come ci dice Ermal Meta nella sua canzone, perché è possibile trasformare “un libro di odio” in “amore”: Figlio mio ricorda / l’uomo che tu diventerai / non sarà mai più grande dell’amore che dai; perché è possibile scegliere una strada diversa e ricordarsi che l’amore non è violenza mai.
Perché è vietato morire.
Perché è vietato morire.
Perché è vietato morire.
Un mantra, una preghiera, una denuncia nei confronti di una società che si indigna maggiormente e grida allo scandalo per un atto di affetto fra individui omosessuali, piuttosto che per un omicidio.